lunedì 13 ottobre 2014

19 ottobre 2014, Città del Vaticano - Beatificazione di Papa Paolo VI


1968
"La Chiesa si trova in un'ora inquieta di autocritica, si direbbe meglio di autodemolizione. E' come un rivolgimento acuto e complesso che nessuno si sarebbe atteso dopo il Concilio. La Chiesa quasi viene a colpire se stessa"
Discorso al Seminario Lombardo
7 dicembre 1968


1969
     "... UNA NORMA INTERIORE E SUPERIORE.
Ma dobbiamo fare un'osservazione circa la supremazia e la esclusività che oggi si cerca di attribuire alla coscienza nella guida della condotta umana. Si sente spesso ripetere, come un aforisma indiscutibile, che tutta la moralità dell'uomo deve consistere nel seguire la propria coscienza; e ciò si afferma per emanciparlo sia dalle esigenze di una norma estrinseca, sia dall'ossequio ad un'autorità che tenta di dettar legge alla libera e spontanea attività dell'uomo, il quale deve essere legge a se stesso, senza il vincolo di altri interventi nelle sue operazioni. Non diremo nulla di nuovo quando chiederemo a quanti racchiudono in tale criterio l'ambito della vita morale che avere per guida la propria coscienza non solo è cosa buona, ma cosa doverosa. Chi agisce contro coscienza è fuori della retta via (cfr. Rom 14,23).
Ma bisogna, innanzi tutto, rilevare che la coscienza, di per se stessa, non è arbitra del valore morale delle azioni ch'essa suggerisce. La coscienza è interprete d'una norma interiore e superiore; non la crea da sé. Essa è illuminata dalla intuizione di certi principi normativi, connaturali nella ragione umana (cfr S, TH., I, 79, 12 e 13; I-II, 94, 1); la coscienza non è la fonte del bene e del male: è l'avvertenza, è l'ascoltazione di una voce, che si chiama appunto la voce della coscienza, è il richiamo alla conformità che un'azione deve avere ad una esigenza intrinseca all'uomo, affinché l'uomo sia uomo vero e perfetto. Cioè è l'intimazione soggettiva e immediata di una legge, che dobbiamo chiamare naturale, nonostante che molti oggi non vogliano più sentir parlare di legge naturale. Non è in rapporto a questa legge, intesa nel suo autentico significato, che nasce nell'uomo il senso di responsabilità? e col senso di responsabilità, quello della buona coscienza e del merito, ovvero del rimorso e della colpa? Coscienza e responsabilità sono due termini l'uno all'altro collegati. In secondo luogo dobbiamo osservare che la coscienza, per essere norma valida, dell'operare umano, deve essere retta, cioè deve essere sicura di sé e vera, non incerta, non colpevolmente erronea. Il che, purtroppo, è facilissimo che avvenga, data la debolezza della ragione umana, quando è lasciata a se stessa, quando non è istruita. 
PEDAGOGIA NECESSARIA
La coscienza ha bisogno di essere istruita. La pedagogia della coscienza è necessaria, com'è necessaria per tutto l'uomo, questo essere in sviluppo interiore, che svolge la sua vita in un quadro esteriore quanto mai complesso ed esigente. La coscienza non è la voce unica che può guidare l'attività umana; la sua voce si chiarisce e si fortifica quando quella della legge, e quindi della legittima autorità, si unisce alla sua. La voce della coscienza cioè non è sempre né infallibile, né oggettivamente suprema. E questo è specialmente vero nel campo dell'azione soprannaturale, dove la ragione non vale da sé a interpretare la via del bene, e deve ricorrere alla fede per dettare all'uomo la norma della giustizia voluta da Dio mediante la rivelazione: "L'uomo giusto, dice S. Paolo, vive di fede" (Gal 3,11). Per camminare diritto, quando si va di notte, cioè si procede nel mistero della vita cristiana, non bastano gli occhi, occorre la lampada, occorre la luce. E questo "lumen Christi" non deforma, non mortifica, non contraddice quello della nostra coscienza, ma lo rischiara e lo abilita alla sequela di Cristo, sul diritto sentiero del nostro pellegrinaggo verso l'eterna visione.
Paolo VI,
Udienza generale,
12 febbraio 1969



1970
     "Esiste in molti uno stato d'animo di radicale insofferenza verso lo "ieri" della Chiesa: uomini, istituzioni, costumi, dottrine, tutto è senz'altro accantonato, se porta l'impronta del passato. E' così che uno spirito critico implacabile condanna in questi irrefrenabili innovatori tutto il "sistema" ecclesiastico di ieri: essi non vedono più che colpe e difetti, inabilità e inefficienza nelle espressioni della vita cattolica degli anni trascorsi; con conseguenze che si presterebbero a molte e gravi considerazioni, e che oscurano quel senso storico della vita della Chiesa, ch'è pur preziosa caratteristica della nostra cultura. Esso è sostituito da una facile simpatia per tutto ciò ch'è fuori della Chiesa; l'avversario diventa simpatico ed esemplare, l'amico invece diventa antipatico e intollerabile. Se questo processo non è moderato, esso dà luogo perfino alla persuasione che sia lecito prospettare l'ipotesi di una Chiesa del tutto diversa da quella odierna e nostra; una chiesa inventata, si dice, per i tempi nuovi...Questa deviazione è purtroppo possibile".
Paolo VI,
Udienza generale,
7 gennaio 1970


1972
     "Si credeva che dopo il concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. E' venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza.
Qualcosa di preternaturale venuto nel mondo proprio per turbare, per soffocare i frutti del Concilio e per impedire che la Chiesa prorompesse nell'inno della gioia di aver riavuto in pienezza la coscienza di sé. Noi vorremmo comunicare questo carisma della certezza che il Signore dà a colui che lo rappresenta anche indegnamente su questa terra.
Io debbo accusare la sensazione che da qualche fessura sia entrato il fumo di satana nel tempio di Dio."




1972
     "... Il modernismo rappresentò l'espressione caratteristica di questi errori, e sotto altri nomi è ancora d'attualità. Noi possiamo allora comprendere perché la Chiesa cattolica, ieri e oggi, dia tanta importanza alla rigorosa conservazione della Rivelazione autentica, e la consideri come tesoro inviolabile, e abbia una coscienza così severa del suo fondamentale dovere di difendere e di trasmettere in termini inequivocabili la dottrina della fede; l'ortodossia è la sua prima preoccupazione; il magistero pastorale la sua funzione primaria e provvidenziale; l'insegnamento apostolico fissa infatti i canoni della sua predicazione; e la consegna all'Apostolo Paolo: Depositum Custodi (1Tim 6,20; 2Tim 1,14) costituisce per essa un tale impegno, che sarebbe tradimento violare. La Chiesa maestra non inventa la sua dottrina: ella è teste, è custode, è interprete, è tramite; e per quanto riguarda le verità proprie del messaggio cristiano, essa si può dire conservatrice, intransigente; e a chi la sollecita di rendere più facile, più relativa ai gusti della mutevole mentalità dei tempi la sua fede, risponde con gli Apostoli: Non possumus, non possiamo (Act 4,20)...
Paolo VI,
Udienza generale,
19 gennaio 1972
1976
     C'è un grande  turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa, e ciò che è in questione è la fede, Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel vangelo di san Luca: "Quando il Figlio dell'uomo ritornerà troverà ancora la fede sulla terra?". Capita che escano dei libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri.
     Questo, secondo me, è strano. Rileggo talvolta il vangelo della fine dei tempi e constato che in questo momento emergano alcuni segni di questa fine. Siamo prossimi alla fine? Questo non lo sapremo mai. Occorre tenerci pronti, ma tutto può durare ancora molto a lungo.
    Ciò che mi colpisce quando considero il mondo cattolico, è che all'interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all'interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia.
Da Jean Guitton
Paolo VI segreto
San Paolo, 2002, pp 152-153

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